Sostanza dalle molte virtù che le api raccolgono dalle gemme e dalla corteccia delle piante; dopo il raccolto la elaborano aggiungendo cere, polline ed enzimi prodotti dal loro organismo.
Proprietà: eutrofica, vitalizzante, immunostimolante, antivirale, battericida, antimicotica, antiossidante e antirrancidente, anestetica, cicatrizzante, stimolante la peristalsi.
Molti sono i generi vegetali che le api amano fra i quali Pioppo, Salice, Betulla, Ontano, Nocciolo, Querce, Faggio, Ippocastano, Frassino, Pini, Abeti, Pruni ecc.
La raccolta delle resine da parte delle api avviene in due periodi dell’anno: a Primavera e a fine Estate, sempre nelle ore più calde della giornata.
Nell’alveare la propoli così trasformata serve per verniciare i favi, per riparare fessure e screpolature dell’arnia e soprattutto per imbalsamare vari insetti entrati nell’alveare. Viene tolta dall’alveare durante le fasi autunnali di pulizia, che l’apicultore esegue.
I professori Pecchiai (Italia) e Donadieu (Francia) hanno studiato profondamente le azioni di questa sostanza che le piante secernono nelle gemme e nella corteccia, come auto difesa contro parassiti e varie malattie. Le stesse sostanze ancor più valide dopo che le api le hanno elaborate, possono venir usate in aiuto delle piante quando sono attaccate da malattie e parassiti, senza usare pesticidi ed altri prodotti chimici. Questa felice intuizione, come fattore di difesa dei vegetali e allo stesso tempo di riqualificazione nei vari impieghi per l’uomo, portò nel 1959 alla rinascita di un’agricoltura naturale che oggi conosciamo come biologica.
Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia usò per primo il nome Propolis (difensore della città) per indicare questa resina che le api usano per difendere il loro alveare (città) dai pericoli.
Molto probabilmente la propoli (chiamata la “resina”) veniva usata dagli Egizi per la mummificazione. Più tardi venne usata come vernice su strumenti musicali (Antonio Stradivari, 1644 - 1737 Cremona).
Principi attivi: frazione polifenolica (fino al 20%; l’ape riesce a modificare, grazie ad enzimi prodotti dalle sue ghiandole salivari, la struttura dei flavonoidi presenti in origine nelle piante, togliendo gli zuccheri contenuti nel composto organico), acidi carbossilici, acidi grassi (cere, resina), aminoacidi, vitamine, tracce di polline e olio essenziale. Tutti questi principi attivi non sono sempre presenti contemporaneamente ed in percentuale costante, ma dipendono dall’habitat delle piante, dalle stagioni e dal tempo di raccolta.